Archivi tag: Brindisi

Brindisi e Galatina (LE): il 18 e il 20 marzo due presentazioni in Puglia

Copertina Venditori di Fumo RIDIl 18 e 20 marzo Giuliano parlerà di Venditori di fumo in due eventi in Puglia. Ecco i dettagli.

Mercoledì 18 marzo, ore 18
presso Brindisi Bene Comune
Via di Porta Lecce, 80
Brindisi
Con Riccardo Rossi e Alessandro Marescotti

Venerdì 20 marzo, ore 18
Evento “Eclissi di Puglia. Mille veleni, un solo perché”
Palazzo della Cultura
Piazza Dante Alighieri, 51
Galatina (LE)
Con Luigi Paccione, Marco Potì, Luigi Russo, Riccardo Rossi e in collegamento Skype Stefania Divertito e Danilo Lupo. Modera Valentina Murrieri.

Qualità della vita: i limiti della classifica

cartina-fisica-pugliaCommento sulla classifica del Sole 24 Ore sulla qualità della vita, in cui Lecce si è classificata 90ma, Brindisi 92ma e Taranto 104ma. Pubblicato sul Quotidiano di Puglia del 3 dicembre.

Per comprendere i limiti della classifica del Sole 24 Ore (e, più in generale, di tutte le classifiche sulla qualità della vita), basterà un esempio. Fra le sei macrocategorie prese in considerazione, quella che abbassa fortemente la media voto di Brindisi, Lecce e Taranto è “Popolazione”. Particolarmente critica risulta la voce specifica “popolazione straniera residente regolare su 100 abitanti”. Vengono premiate le città con più stranieri, forse perché questi ultimi sono un indicatore di vivacità economica, forse perché denotano una predisposizione della città all’accoglienza, forse ancora perché si pensa che alto tasso di regolari significhi basso numero di clandestini. Nei tre capoluoghi della Puglia meridionale gli stranieri sono pochi. Dunque, Brindisi, Lecce e Taranto raccolgono punteggi infimi (da 1,56 a 2,10 punti). Bene, indovinate qual è la prima città italiana in questa categoria, che raccoglie ben mille punti? Prato. Sì, Prato, proprio il posto dove l’immigrazione cinese fuori controllo ha mandato all’aria un’economia e un tessuto sociale, proprio il luogo balzato in questi giorni alla ribalta della cronaca nera per il tragico rogo di schiavi in una delle tante fabbriche-dormitorio clandestine.
Lascia perplessi poi anche la composizione delle categorie: “Servizi & Ambiente”, per esempio, è formata da sei voci, di cui solo una è puramente “ambientale”: “Indice Legambiente”. Questo indice è a sua volta composto da ventisei indicatori di cui solo tre relativi alla qualità dell’aria. Risultato? Taranto si gode un lusinghiero 71mo posto (di gran lunga la prima città della Puglia) in “Indice Legambiente”, e un 78mo posto (molto al di sopra del suo piazzamento globale) in “Servizi & Ambiente”, guadagnando ben sedici posti rispetto all’anno scorso. I tarantini continuano a respirare idrocarburi policiclici aromatici in alte concentrazioni? Poco male: le “cause legali definite ogni cento sopravvenute o pendenti” sono ben 31,89. Vuoi mettere?
Insomma, meglio non dare troppo peso ai piazzamenti in valore assoluto, e concentrarsi invece su alcuni indicatori specifici, sulle variazioni rispetto all’anno scorso e sul confronto fra le città del nostro territorio. I progressi rispetto al 2012 di tutte le pugliesi possono essere motivo di moderata soddisfazione. Moderata perché il Sud continua a occupare mestamente le posizioni di coda e perché, anche rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno, la Puglia sembra non riuscire a farsi valere come pure dovrebbe (le tre città più grandi della regione nelle ultime undici posizioni, nessuna più in alto del 90mo posto).
Taranto abbandona la mortificante ultima posizione dell’anno scorso, e incamera un sorprendente venticinquesimo posto nella percentuale di diffusione della banda larga. La città dei due mari resta però in ritardo rispetto a Brindisi e Lecce. Il distacco si accumula soprattutto nella categoria “Tempo libero”, in cui Taranto è penalizzata in particolare nel numero di ristoranti e bar.
Quanto a Brindisi, spicca il diciottesimo posto nel rapporto fra sale cinematografiche e popolazione, ma sul fatto che una multisala contribuisca ad innalzare la qualità della vita di un centro urbano è lecito nutrire dei dubbi. Fra le tre città, Brindisi è quella che ha un punteggio più alto nella “Sportività”, ma può l’ottantanovesimo posto essere sufficiente per la città capolista nel basket di A1?
Analogamente, basterà a Lecce il pur ottimo trentasettesimo posto nella graduatoria del numero di librerie per meritare il titolo di Capitale europea dalla cultura 2019? Siena e Cagliari, due delle altre città in lizza, sono rispettivamente quarta e quinta; Perugia è sedicesima, mentre solo Ravenna (trentanovesima) e Matera (addirittura 103ma) fanno peggio del capoluogo salentino. A far propendere per l’ottimismo è la lusinghiera 28ma posizione di Lecce nella percentuale di startup innovative ogni diecimila giovani. E, soprattutto, la ragionevole speranza che queste classifiche vengano interpretate da chi di dovere con le dovute attenzioni e cautele.

Forza Grecia, non solo in campo

Articolo su Grecia-Germania, quarto di finale dei campionati europei, pubblicato in prima pagina sul Quotidiano del 22 giugno.

E’ più grave uscire dall’Euro o da Euro 2012? Ce lo dirà, forse, Germania-Grecia, il quarto di finale in programma stasera a Danzica. Germania-Grecia è la versione calcistica di un conflitto economico, ma anche culturale, che si sta giocando fra i vertici politici e finanziari del vecchio continente, con milioni di cittadini in veste di spettatori interessati.
Da Argentina-Inghilterra del 1986 fino alla recente Russia-Polonia, è difficile, in queste “partite speciali”, non schierarsi dalla parte del più debole. In questo caso, per noi italiani, la scelta è oltremodo obbligata. Certo, in tema di macroeconomia e di stili di vita ognuno di noi avrà le sue legittime idee, ma mettiamola così: fra l’ultimo della classe che arriva a scuola malvestito senza aver fatto i compiti e la maestrina petulante che lo umilia davanti a tutti, chi avrebbe dei dubbi sulla parte da cui stare?
Grecia e Germania sono per noi italiani i due estremi fra cui barcamenarsi: da una parte l’immagine deformata (ma neanche troppo) in cui ci specchiamo, dall’altra il modello inarrivabile a cui (forse) aneliamo. “Rischiamo di fare la fine della Grecia” è stato uno dei leit motif dei nostri politici negli ultimi mesi, a cui faceva da contraltare, per giustificare i sacrifici, quel “Ce lo chiede l’Europa” che presto abbiamo imparato a tradurre in “Ce lo ordina la Germania”.
Né una rappresentazione della questione in termini di Grecia-Cicala e Germania-Formica sposterebbe più di tanto le nostre preferenze. Anzi, semmai ci rafforzerebbe nel proposito di seguire la strada che Heather Parisi aveva autorevolmente indicato già tanti anni fa.
Fin qui l’Italia. Se poi iniziamo a parlare da pugliesi, la vicinanza ai greci diventa ancora più evidente. Arrivando a Brindisi si viene accolti da enormi cartelli “Grecia”, a Lecce con la Grecìa Salentina ci hanno fatto ballare mezzo mondo, a Taranto si rimpiangono ancora i fasti della Magna Grecia. Origini, storia e cultura sono le stesse. Il Mediterraneo è la culla della civiltà, e pazienza se a furia di cullarsi questa civiltà ha finito per piombare in un sonno profondo.
Grecia-Germania è solo una partita di calcio. Ma se agli ellenici riuscisse il miracolo di vincerla, si saranno tolti una grande soddisfazione (e noi con loro). E poi chissà che non possa essere proprio un successo sportivo a invertire la deriva economica. Ricetta fantasiosa, certo, ma, visti i risultati, non più di quelle finora imposte agli ellenici dal nordeuropa. E pensando alla vigliacca mossa con cui mesi fa i tedeschi imposero a un paese allo stremo l’acquisto di costosissime forniture belliche Made in Germany, viene da pensare a Karagounis e soci come al famoso manifestante di Piazza Tien An Men: undici omini inermi e coraggiosi che provano a sbarrare il passo ai “panzer” avversari. E magari alla fine ci riescono pure. Perché il bello del calcio è che, fino a prova contraria, si parte sempre da zero a zero. E, a differenza che a Bruxelles, chi continua a chiedere rigore rischia di venire ammonito per proteste.
E pazienza se l’attuale nazionale tedesca è fantasiosa, giovane, dinamica e multietnica, niente a che vedere con la muscolare ottusità ariana di certe rappresentative del passato, mentre la compagine greca, come ha detto anche Fulvio Collovati in modo colorito, è oggettivamente indifendibile. Per noi, i tedeschi restano sempre i cattivi dei film di guerra, magari caricaturali come in Bastardi senza gloria di Tarantino. Mentre per i greci moderni, che di solito guardiamo dall’alto in basso, quando si fanno onore possiamo sempre rispolverare il vecchio “una faccia, una razza”.
Anche perché, augurandosi che l’Italia dopodomani si sbarazzi della perfida Albione, fare il tifo per gli ellenici stasera non è solo una questione di simpatia e affinità elettive. Eliminando la squadra probabilmente più forte del torneo, ci farebbero un bel favore. Poi, in un’eventuale semifinale “mediterranea” saremmo sempre in tempo a rompere il gemellaggio e tuonare “Spezzeremo le reni alla Grecia!”. Sperando che non finisca come “quando c’era lui”. Ma quelli erano altri tempi. E poi, si sa, allora eravamo alleati con la Germania.