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Qualcosa si muove. In bici.

Articolo pubblicato sul Quotidiano di Puglia del 17 settembre.

Taranto aderisce per la prima volta alla Settimana Europea della Mobilità Sostenibile (dal 16 al 22 settembre). E’, insieme a Bari, l’unica città capoluogo pugliese a farlo, e l’unica in Italia a proporre eventi per tutti e sette i giorni (il programma è consultabile alla pagina Internet www.thehowlers.org). Merito di “The Howlers”, associazione di ciclismo urbano, e di “Ciranò”, associazione culturale che fra l’altro organizza ciclovisite guidate in città.
Fra le novità degli ultimi tempi a Taranto c’è un’insolita presenza di persone che si spostano in bicicletta. Riduttivo attribuire la cosa solo alla crisi e al prezzo della benzina alle stelle. Piuttosto, il fenomeno va annoverato fra gli “effetti collaterali positivi” della questione Ilva: combattendo una grande guerra la cui fine è lontana e il cui esito è incerto, i tarantini stanno vincendo, quasi senza accorgersene, tante piccole battaglie. Una di queste è quella che li porta a prendere in considerazione mezzi di trasporto meno ingombranti e inquinanti dell’auto. Il processo è ancora agli inizi, certo, ma come spesso accade, il passo più difficile da compiere è quello iniziale, quello nella testa delle persone: se fino a poco fa muoversi in bici era considerato bizzarro, o da “sfigati”, oggi sono sempre di più quelli che condannano e giudicano “out” l’abitudine di prendere la macchina anche per percorrere sei isolati.
A proposito di bizzarrie, da alcuni anni al Ponte Girevole è legata una bici interamente dipinta di bianco. Forse non tutti sanno che ricorda Lucio Dione, il ragazzo che proprio in quel punto nel 2011 fu ucciso da un’auto mentre in bici rientrava dalla processione del Giovedì Santo. “Nel 2010 eravamo solo quattro amici appassionati di ciclismo” ricorda Emilio Cattolico, membro e addetto stampa di “The Howlers”. “Nel corso dell’anno diventammo una ventina. Poi la tragica morte di Lucio ci diede lo stimolo per fare qualcosa in più e costituirci in associazione”. Oggi “The Howlers” raduna una comunità di 450 simpatizzanti, e organizza iniziative come la campagna informativa “Teste di casco” e un programma di sensibilizzazione per le scuole che partirà a novembre. Il “TourDeBeer”, pedalata del giovedì sera fra alcuni locali cittadini, è arrivato a radunare fino a cento ciclisti.
L’uso della bici come mezzo di trasporto in città non è una moda da ambientalisti radical-chic, ma, se promosso e supportato, una possibile soluzione ai problemi del traffico e dell’inquinamento (almeno quello automobilistico). “Ostacoli ce ne sono tanti: nessuna città è stata progettata a misura di bici” prosegue Emilio Cattolico. “In compenso per cambiare le cose basta poco: già piazzare un po’ di rastrelliere e intervenire sulla segnaletica orizzontale sarebbe di grande aiuto. Il resto dovrebbero farlo i parcheggi di corrispondenza alle porte della città, coi bus navetta e magari un servizio di bike sharing”.
Qualcosa si sta muovendo: per la pista ciclabile sul marciapiede centrale di Viale Magna Grecia (contestata da alcuni perché prevede che vengano abbattuti degli alberi) il Comune ha chiesto, per ora informalmente, la consulenza delle associazioni, il che dovrebbe garantire che venga progettata in modo fruibile e sicuro. Un giorno non troppo lontano si potrebbe attraversare Taranto pedalando su corsie riservate. E quella bici bianca legata al Ponte sembrerà meno bizzarra.

L’Isola che vogliamo sul Quotidiano

Articolo uscito sul Nuovo Quotidiano di Puglia mercoledì 31 agosto 2011, alla vigilia della serata di chiusra della manifestazione L’isola che vogliamo. Pubblicato col titolo “Un risveglio che parte dalla Città vecchia”.

E’ opinione inveterata del tarantino medio che in questa città niente cambi mai, e se per caso qualcosa cambia, lo fa senz’altro in peggio. Una credenza – puzzolente di alibi per i pigri – che in questo agosto è stata fragorosamente smentita da una manifestazione che si chiama L’Isola che vogliamo.
Mostre, intrattenimento, eventi culturali. Decine di migliaia di persone che si riappropriano del centro storico. Una macchina organizzativa migliorabile sotto diversi aspetti (come è normale per un programma complesso e alla sua prima edizione) ma che si è fatta apprezzare per l’entusiasmo e la coralità tipici degli eventi creati dal basso.
L’Isola che vogliamo non è la medicina che ci guarirà da tutti i mali. Non ci libererà dalla disoccupazione e se ci permetterà di respirare aria migliore lo farà solo in senso metaforico. Nondimeno è una rivoluzione. Da decenni ci lambiccavamo inutilmente su come riportare in vita la città vecchia. Ecco, ora qualcuno ci è riuscito.
Per la verità qualcosa si muoveva già da anni, ma quanto accaduto quest’estate somiglia davvero alla caduta di un muro. E colpisce come questo muro sia caduto con relativa facilità, come se aspettasse solo che qualcuno lo spingesse con un dito. Facilità relativa, perché solo gli organizzatori sanno quanto sia stato faticoso, ma pur sempre facilità: niente provvedimenti speciali, poteri forti, grandi investimenti, nessun “eroe” piovuto dal cielo. Sono bastati due professionisti dello spettacolo e una rete di amici che li hanno fiancheggiati. Il (discreto) appoggio delle istituzioni e la risposta del pubblico hanno fatto il resto.
L’atavica distruttuvità cittadina ci ha provato, a minimizzare: fra i vicoli c’è chi è passato dal “non ci posso credere” al “è sempre uguale” in una sola settimana. I professionisti del disfattismo, a corto di argomenti, hanno dovuto aguzzare l’ingegno: “Vanno tutti là perché non c’è altro da fare” ha affermato un giornalista con l’aria di chi la sa lunga. C’è chi liquiderebbe con una scrollata di spalle anche un duetto voce-chitarra fra Jim Morrison e Jimi Hendrix resuscitati appositamente per un’esclusiva mondiale sulla rotonda di Lungomare. Ma la verità è che per una volta gli entusiasti hanno surclassato gli scettici. Perché se c’è qualcosa in grado di smuovere le coscienze dei tarantini, di far provare loro qualcosa di simile all’orgoglio di appartenenza, quel qualcosa è proprio la città vecchia. Ed è per questo che L’Isola che vogliamo deve tornare anche l’estate prossima.
Postilla: L’Isola che vogliamo è dedicata a Lucio Dione, che a questa idea un po’ folle aveva iniziato a lavorare. Lucio è stato ucciso da un’auto pirata sul Ponte Girevole all’alba dello scorso Venerdì Santo mentre, in bici, rientrava in città nuova dopo aver assistito all’uscita dell’Addolorata. Per cinque mercoledì consecutivi decine di migliaia di tarantini hanno attraversato il Canale in direzione città vecchia. Così facendo – e pur ignorando il perché di quei fiori vicini alla balaustra – hanno reso a Lucio il migliore degli omaggi, quello che lui avrebbe gradito di più.