Articolo pubblicato sul Quotidiano di Puglia.
Finite le vacanze, il fuorisede saluta la sua Taranto. Partendo, riflette sullo stato di salute della città, cercando una difficile sintesi fra elementi quasi sempre controversi. Proiettili sulla porta di Confcommercio, il caso Ilva che si trascina fra contraddizioni e rinvii. Ma anche un fervore di iniziative, piccole e grandi, forse i segnali di quel risveglio tanto atteso, solido perché parte dal basso.
Ambiente ed economia più che problemi sono macigni. Ma cultura, senso civico e partecipazione sono germogli molto promettenti, anzi talvolta fiori già sbocciati. Questo pensa il fuorisede, che però ha sensazioni, non certezze. E allora chiede a chi a Taranto ci vive. Ma non trova risposte univoche.
“Io la chiamo ‘la città morta’”, “Va sempre peggio”, gli dicono gli apocalittici, e sembra sempre che lo facciano con una punta di compiacimento, quasi con vanità.
“Si muovono tante cose”, “Una situazione impensabile anche solo due anni fa” ribattono altri.
“Tu come la trovi?” chiedono poi tutti, come se loro stessi, che a Taranto vivono, avessero bisogno di uno sguardo esterno per capirla.
E il fuorisede risponde, o forse pensa ad alta voce, snocciolando le esperienze di in un paio di settimane: senza essersi dato troppo da fare, ha accumulato una visita alle sale del Museo archeologico appena inaugurate, un corso gratuito di fumetti per sua figlia, un incontro con due romanzieri molto noti, una mostra fotografica e la pulizia di una spiaggia ad opera di un’associazione di volontari, saltando per mancanza di tempo il concerto di uno dei migliori jazzisti italiani. Inoltre ha visto due spazi nuovi, recuperati alla fruizione pubblica.
Il fuorisede conclude osservando che chi ha meno di quarant’anni sembra ragionare in modo più costruttivo di chi era giovane qualche tempo fa.
“Ma se i ragazzi sono tutti in via D’Aquino a chattare con lo smartphone” ribatte un apocalittico.
“Io invece ne ho visti tanti, proprio ieri, alla Torre dell’Orologio, che discutevano di decoro urbano e di sostenibilità ambientale” fa notare il fuorisede.
L’interlocutore cade dalle nuvole, e ammette candidamente di essere disinteressato a ciò che riguarda la città vecchia per via di quello che lui stesso definisce un antico pregiudizio. Spesso prima di lamentarsi basterebbe informarsi.
Sono molti poi quelli che si sono accorti del risveglio, ma che sostengono che è già iniziato il riflusso, e che comunque a darsi da fare sono sempre troppo pochi. Questo del contarsi è un altro punto critico. Chi sono e quanti sono quelli che dimostrano coi fatti di volere una Taranto diversa? Sono quelli del concerto del Primo Maggio? Quelli dei cortei? Quelli che hanno votato al referendum? O altri ancora? In ogni caso si tratta di decine di migliaia di persone e, se li si considera per quello che sono, cioè cittadini attivi e non semplicemente “quorum”, si capisce che non sono pochi. Forse a mancare non è la quantità, ma la consapevolezza del peso che si ha, e dei risultati già raggiunti. Se invece di inseguire un’impossibile unanimità della cittadinanza e sognare improbabili “chiamate alle armi” di massa, si mollassero definitivamente gli ormeggi, si vedrebbe che il vento in poppa non manca. E che molti “ignavi” si metterebbero a soffiare nelle vele.
Ormai lontano dalla città in cui è nato, il fuorisede ascolta una canzone di Lucio Dalla, dedicata alla grande città del nord in cui vive, e pensa che un verso si attaglierebbe perfettamente anche a Taranto: “Fra la vita e la morte continua il tuo mistero”.