Ecco il testo del corsivo apparso lo scorso 21 aprile su Il Quotidiano di Puglia, edizione tarantina, col titolo “Da una marcia all’altra” (ma il titolo dato originariamente da Giuliano era “Misteri e omicidi”).
I riti della Settimana Santa, a Taranto, c’è chi li ama e chi lo odia. Chi li ama lo fa per il loro patrimonio di devozione e tradizione, perché danno senso di identità. Chi li odia lo fa perché puzzano di immobilismo, perché una certa Taranto vivacchia ripiegata su perdoni e Magna Grecia e non si guarda intorno, non guarda avanti.
Nella marcia contro l’inquinamento dello scorso 2 aprile, manifesti e slogan parlavano dei nostri bambini come dei veri Ori di Taranto. Una trovata, a mio parere, geniale, perché univa invidiabilmente il nostro passato e il nostro futuro, metteva in relazione un’idea di cultura statica con i principii di cittadinanza attiva, col diritto-dovere di battersi per rendere migliore il posto in cui si vive.
Con lo stesso spirito la fotografa Gianna Tarantino ha realizzato e pubblicato su Youtube un reportage in cui raccontava quella marcia come se fosse una via crucis. Una lunga Processione dei Misteri, con la banda, lo scorrere lento per le strade, e quelle sagome bianche (bianche come dicono essere certe morti) in Piazza della Vittoria come un assembramento di perdoni, in muta espiazione di colpe non loro.
Colpe, o qualcosa di più. La recente sentenza sulla tragedia della Thyssen-Krupp di Torino ha dimostrato che in alcuni casi gli atti o le omissioni che causano morti sul lavoro possono essere considerate omicidio volontario, e non solo colposo. Non, quindi, semplici “distrazioni” o tragici errori di valutazione causati da imperizia, ma la lucida, cinica consapevolezza che una certa condotta può determinare certe conseguenze. Ecco, grazie a Gianna quest’anno abbiamo un motivo in più per raccoglierci attorno ai Misteri, per soffrire e per riflettere, per sentirci comunità. E poi, archiviati i riti, per toglierci il cappuccio e lottare contro gli omicidi del lavoro, della salute e dell’ambiente.
Ed ecco il fotoracconto di Ganna Tarantino a cui si fa riferimento