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Premio Marcellino De Baggis: un bilancio

Intervista pubblicata dal Quotidiano di Puglia il 10 maggio 2013.

Si è conclusa con successo lo scorso 5 maggio la prima edizione del Premio Marcellino De Baggis, il festival internazionale del cinema documentario tenutosi nelle sale del MUDI – Museo Diocesano, in città vecchia. Ne abbiamo discusso con Mafe De Baggis, sorella del regista alla cui memoria è intitolato il premio e consulente di comunicazione specializzata in tematiche del web.

A bocce ferme, qual è il bilancio di questa prima edizione?

Ci riteniamo soddisfatti dell’afflusso, soprattutto considerando che si trattava di un argomento di nicchia, il documentario, con la proiezione di opere non sempre di facile e immediata fruizione. La presenza della giuria e di molti fra i registi dei film in concorso ha fatto sì che partecipassero anche parecchi non tarantini, i quali hanno potuto conoscere Taranto nelle sue bellezze e nelle sue contraddizioni. Questo era uno degli scopi che ci prefiggevamo. Le reazioni sono state quelle tipiche di quando persone dotate di cultura scoprono Taranto: sorpresa per la bellezza della città vecchia e per come non venga valorizzata, e stupore per il contrasto tra natura e presenza industriale.

Il festival si prefiggeva fra l’altro di creare un ponte fra lo specifico di Taranto e la realtà nazionale e internazionale…

E’ così. Il film che ha vinto il premio per il miglior documentario internazionale, “Dell’arte della guerra” di Silvia Luzi e Luca Bellino, racconta della protesta degli operai della Innse di Milano che si issarono su una gru e alla fine riuscirono a evitare la chiusura della fabbrica. I registi trascorsero otto giorni nel presidio degli operai che supportavano i loro compagni sulla gru. Dalle parole dei protagonisti emerge il rifiuto della rappresentanza sindacale e la scelta di lottare senza calcoli e diplomazie. Un tema, questo, che oggi a Taranto è di grande attualità. La natura anche politica di questo festival è così venuta fuori spontaneamente. I registi erano contenti non solo per aver vinto, ma per aver vinto proprio qui.

Si può dire che Taranto, rispetto al passato, sia più sensibile a certe proposte culturali?

Sì, credo che lo stesso festival, organizzato qualche anno fa, avrebbe avuto molto meno seguito. Abbiamo fatto una scelta di internazionalità, ma volendo fare un po’ di autocritica, avremmo dovuto aprirci con più anticipo alle altre esperienze interessanti della città. Cosa che alla fine è accaduta comunque: abbiamo ospitato Paolo Pisanelli, il regista che sta lavorando al film “Buongiorno Taranto” raccogliendo risorse attraverso il crowdfunding, poi il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, infine il regista Pippo Mezzapesa col suo documentario “SettanTA”, realizzato per la Repubblica.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?

Vogliamo dare continuità al festival e alla fondazione, se possibile anche con eventi durante l’anno. Quanto alla prossima edizione, sarebbe importante trovare dei fondi, il che il secondo anno dovrebbe essere un po’ più facile. Ma se anche le risorse dovessero essere poche, faremo un programma più leggero ma comunque interessante. Le decisioni sulla formula da adottare spettano ai direttori artistici, ma personalmente sacrificherei volentieri qualche proiezione a beneficio di un po’ di tempo in più da dedicare all’incontro e all’interazione, anche informale, fra le persone.

Il Premio Marcellino De Baggis

Ecco l’articolo-intervista sul Premio Marcellino De Baggis, Festival Internazionale del Cinema Documentario, in programma a Taranto dal 2 al 5 maggio.

E’ un regalo alla città, quello che la famiglia De Baggis ha confezionato, nel ricordo di Marcellino, regista e sceneggiatore scomparso nel 2011 all’età di 41 anni. Il festival a lui intitolato è un evento nuovo e di grande spessore, sicuramente un fiore all’occhiello da non far appassire, in un periodo in cui tanto si parla di rilancio culturale e turistico di Taranto.
Il documentario e Taranto erano due fra le più grandi passioni di Marcellino De Baggis. Un tema e un luogo che si sposano bene, perché entrambi in una fase di fermento e trasformazione.
Il documentario si è ormai affrancato dalla sua natura asettica per aprirsi verso forme espressive più libere, talvolta confinanti con la fiction, in cui il punto di vista dell’autore non viene negato. “Mistero e sgomento, il documentario sui riti della Settimana Santa realizzato da Marcellino nel 2009, è un esempio di questa commistione di generi” sostiene Marcello De Baggis, presidente del Festival e padre dello sfortunato regista.
“Taranto è il luogo del festival, un contesto dalle dinamiche critiche, frutto soprattutto della difficile situazione dell’Ilva con complesse implicazioni sociali, sanitarie e ambientali che coinvolgono tutta l’area della città, con forte effetto di propagazione sul piano nazionale”. Così si legge sul sito della manifestazione. Aggiunge il Dottor De Baggis: “Marcellino era molto legato a Taranto e, dopo Mistero e sgomento, progettava un nuovo lavoro sulla sua città”. Un festival con le radici ben piantate a Taranto, quindi, ma con rami protesi come antenne verso il mondo. Più che internazionale, glocal, come del resto la formazione di Marcellino, che aveva studiato in California e realizzato una serie di documentari per l’ONU.
L’organizzazione di un festival – con proiezioni, eventi, ospiti – è cosa assai complessa, e lo è ancor più se chi se ne sobbarca l’onere fa affidamento quasi solo sulle sue forze, animato da una promessa d’amore più che da competenze nel settore. “Ero assolutamente digiuno di queste tematiche: ho dovuto imparare tutto” racconta Marcello De Baggis. “Ma se decido di fare una cosa, la faccio bene, benché il tutto sia stato laborioso e anche costoso. Ottenere i patrocini non è stato difficile, siamo particolarmente fieri della Medaglia della Presidenza della Repubblica. Di sponsorizzazioni ne abbiamo ottenute poche, anche se coi tempi che corrono forse non si poteva pretendere di più. A costo di qualche sforzo, abbiamo lasciato l’ingresso gratuito. Ora speriamo che la città risponda”.
Già, la città. In questo momento più imperscrutabile che mai, divisa com’è fra slanci partecipativi e il tradizionale cemmenefuttismo. “Sono rimasto un po’ deluso dalle mancate risposte di alcuni artisti tarantini, a cui avevo proposto una partecipazione. Dovrebbero prendere esempio da Albano Carrisi, che tarantino non è, il quale mi ha immediatamente telefonato, quasi sgridandomi per non averlo invitato prima. Quest’anno era già impegnato, ma mi ha già dato la sua disponibilità per la prossima edizione. Che io spero di fare: non voglio fermarmi qui, ma avrò bisogno di aiuto”.