Articolo pubblicato sul Quotidiano di Puglia dell’8 gennaio.
Spagnulo; Biondo, Brunetti, Prosperi, D’Ignazio; Maiellaro, Selvaggi, Gori; Iacovone, Riganò, De Vitis. E se sabato contro il Manfredonia giocassero loro, gli undici uomini d’oro, il Taranto ideale di tutti i tempi scelto dai visitatori della mostra “Museo del Taranto – Natale rossoblù”?
Be’, di sicuro lo spettacolo non mancherebbe. Gol come se piovesse, con tre centravanti puri – e bomber di purissima razza – innescati da un trio di mediana coi piedi fatati. Qualche gol si finirebbe anche per subirlo (senza un po’ di sofferenza, che Taranto sarebbe?!), ché i miracoli di Spagnulo e la grinta d’altri tempi di Biondo e Brunetti forse non basterebbero a tappare le falle di un centrocampo a tre fatto da un’ala, un rifinitore e un attaccante.
La squadra è da sballo, insomma, ma anche un bel po’ sbilanciata, come si addice a sondaggi di questo genere. Giusto così: a colpire la fantasia dei tifosi sono soprattutto i giocatori offensivi. E questa formazione ha la potenza fantastica di un sogno, la stessa che è emersa dalla mostra di cui sopra – organizzata dall’Associazione Culturale “ETS2002” e rimasta aperta fino al 22 dicembre – impressionante per ricchezza di reperti e cura negli allestimenti.
E’ inevitabile che nel dream team non figuri alcun giocatore del passato remoto: un Ferrarese o un Tartari ci sarebbero stati bene, ma questi sondaggi penalizzano i vecchi perché solo in pochi li hanno visti giocare. Di solito in operazioni del genere a trionfare sono soprattutto calciatori del recente passato, più freschi nella memoria di tutti e conosciuti anche dai più giovani. Con il Taranto ciò non è accaduto, ed è molto facile capire il perché: gli ultimi vent’anni trascorsi affannosamente nelle serie minori possono partorire tutt’al più dei miti estemporanei, e solo molto difficilmente delle leggende assolute.
Albori dimenticati e presente dimenticabile: il risultato è che nove undicesimi della squadra delle meraviglie si concentra in un periodo intermedio, meno di vent’anni fra la seconda metà dei Settanta e i primissimi Novanta. Selvaggi, Gori e Iacovone rappresentano la solida B e la corsa tragicamente spezzata verso la A del Taranto “seventies” di Fico. Biondo, Maiellaro e De Vitis ricordano soprattutto il girone di ritorno in media promozione dell’86/87, culminati coi mitici spareggi di Napoli per la permanenza in B. Spagnulo, Brunetti e D’Ignazio sono i testimoni degli ultimi fuochi prima del fallimento del ’93: una retrocessione, una promozione, una salvezza quasi tranquilla e un’altra in extremis con spareggio (Ascoli).
E dopo? “No Serie B, no party”, verrebbe da dire. Fanno eccezione Christian Riganò (quella sfumata contro il Catania era una “quasi B”) e l’attuale capitano Fabio Prosperi, l’unico degli undici a essere ancora in attività, trait d’union fra presente e recente passato.
La presenza di almeno un rappresentante del Taranto di oggi è un bel segnale: non si vive di soli ricordi, né tanto meno di rimpianti. E allora onoriamo Selvaggi, De Vitis e soci sui loro piedistalli e lasciamo che col Manfredonia, oltre a Prosperi, a giocarsela siano i Molinari, i Marani e i Migoni: la categoria non sarà gloriosa, ma la loro rincorsa verso la vetta della classifica è preziosa. E se verrà coronata da successo, una nuova pagina di storia l’avranno scritta anche loro.