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Taranto dove la ritrovo

L’intervista ad Angelo Cannata, presidente dell’associazione Le Sciaje, sulla rassegna “Taranto dove la ritrovo”, in programma fino al 12 maggio. Pubblicata sul Quotidiano di Puglia dell’8 maggio.

E’ iniziata il 3 maggio e durerà fino al 12 “Taranto dove la ritrovo. Riconvertire imparando dai segni del tempo”, rassegna del Centro Studi Le Sciaje. Con mostre, visite guidate, presentazioni ed altri eventi (programma completo sul sito www.lesciaje.it), l’Associazione vincitrice del concorso regionale “Principii Attivi” vuole celebrare i suoi primi tre anni di attività, e soprattutto promuovere il patrimonio storico tarantino in un’ottica di rilancio e di arricchimento collettivo.
“A Taranto si assiste a una ‘diaspora generazionale’” spiega Angelo Cannata, presidente di Le Sciaje. “Al di là della Settimana Santa e di poco altro, le tradizioni non vengono trasmesse. Ne è un esempio la Collezione Majorano, che potrebbe essere un punto di ripartenza ma che non è stata ancora sufficientemente valorizzata”.
La rassegna riserva molta attenzione al Mar Piccolo. “Insieme alla Città Vecchia, è il Mar Piccolo il luogo chiave per il rilancio di Taranto” spiega Cannata. “Fra dismissioni, bonifiche e biodiversità, sono molte le cose che passano da lì. In particolare ci stiamo concentrando sul Galeso, che nella storia è stato narrato, dipinto, fotografato, e che oggi è al centro di alcuni piani pubblici di riqualificazione che però non hanno ancora dato risultati tangibili. Noi il Galeso lo stiamo ‘marcando a zona’, perché se ci fai il parco letterario e il centro di educazione ambientale ma poi la gente ci va ancora a lavare le macchine, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Allora ci devi fare due chiacchiere, con questa gente”.
“Taranto dove la ritrovo”, lontana da megalomanie e smanie di protagonismo, è basata su uno spirito di servizio e collaborazione fra le varie realtà attive sul territorio. “La differenza col passato” prosegue Cannata, “è che oggi a Taranto ci sono associazioni che reagiscono al complesso di inferiorità culturale, rompono con le vecchie abitudini, sono aperte alla collaborazione e al supporto reciproco. Con questa iniziativa abbiamo voluto aprire a realtà esterne, ad esempio invitando la professoressa Helene Frances a parlarci di Brest, rilanciando così il gemellaggio istituzionale con la città bretone, che è poco conosciuto. Oppure dando spazio al Museo di Storia Naturale ‘Bios Taras’, a sua volta non conosciuto come meriterebbe. Vogliamo dare il segnale che si possono fare cose insieme”.
Impossibile, visto l’argomento, non chiedere ad Angelo Cannata un commento sul recente concerto del Primo Maggio, esempio eclatante di come anche a Taranto la comunione di intenti e l’organizzazione dal basso possa dare risultati un tempo impensabili. “Il Primo Maggio ha ridato ossigeno all’idea di programmazione culturale, perché ha una lunga programmazione alle spalle. L’arricchimento collettivo è derivato dal far convergere su un solo obiettivo iniziative sparse: dall’impegno di Ammazza che piazza nella valorizzazione delle aree degradate al pragmatismo con cui Archeotower ha recuperato uno spazio abbandonato, fino all’opera dei Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti. Taranto si racconta poco, e il Primo Maggio è stata la dimostrazione che invece la città ha tanto da raccontare, e quando lo fa riesce a essere coinvolgente”.

A vele spiegate per promuovere Taranto marinara

Qui di seguito il testo dell’articolo sul viaggio di Salina, la barca a vela tarantina in rotta verso Brest. Apparso sul Quotidiano di Puglia del 12 giugno.

Mentre le spiagge ioniche tornano a riempirsi, c’è una barca a vela, tutta tarantina, che da alcuni giorni naviga in direzione Brest, Bretagna. Si chiama Salina, ed è una Tartana, vecchia imbarcazione in legno originariamente destinata al trasporto delle merci. A bordo ci sono Alessandro Maruccia e Gianni Giordano, rispettivamente presidente e socio della Fondazione dal Mare, animati da uno scopo che è in egual misura romantico e pragmatico: promuovere il rilancio di Taranto valorizzando la sua vocazione marinara.
La fondazione non ha scopi politici o velleità elettorali. La spedizione ha raccolto il contributo di qualche sponsor, non sufficiente però a coprire interamente le spese. Viene da chiedere allora cosa muova Salina, oltre al vento. La muove quello che, nonostante tutto, a Taranto muove parecchie persone: quell’imprecisato desiderio di “fare qualcosa per la propria città” che ognuno prova a declinare a suo modo.
Cultura, turismo, ricerca, sport, cantieristica e ambiente sono alcune delle opportunità di sviluppo economico legate al mare che la città finora ha sfruttato solo in minima parte. Discorso vago? Può darsi, ma pronto a farsi concreto alla prima occasione. Nel suo viaggio Tartana è già approdata su un’isola disabitata e riconvertita a fini turistici (Santo Stefano, vicino Ventotene: un esempio per le Cheradi?) e ha incontrato il maestro d’ascia più giovane d’Italia scoprendo che il suo lavoro è molto richiesto. A Brest (città gemellata con Taranto) l’equipaggio di Salina potrà visitare il grande acquario, il museo della Marina e un Arsenale che d’estate si fa museo di se stesso. Un bello spunto di riflessione per la ventilata cessione delle aree militari affacciate su Mar Piccolo.
Il progetto della Fondazione dal Mare per sua scelta si tiene fuori dal dibattito “Ilva sì-Ilva no” che ultimamente ha quasi monopolizzato la vita sociale tarantina. Ma in un certo senso il lavoro della Fondazione è funzionale al discorso, contribuendo a inquadrarlo nella giusta cornice. Perché altrimenti si finisce per avvitarsi unicamente sulle urgenze del lavoro e della salute dimenticandosi della questione di fondo, e cioè le possibili alternative al monopolio del siderurgico. E se non c’è nulla, almeno a breve termine, in grado di assorbire la forza occupazionale della grande industria, è anche vero che l’identità di Taranto va comunque ripensata.
L’esperienza dell’Arsenale prima e dell’Italisider/Ilva poi, insegna che a puntare su un solo cavallo presto o tardi si perde. Quale che sia il futuro di Taranto, per essere sostenibile dovrà passare da una diversificazione delle attività economiche. In questa ottica, la salvezza non arriverà da un progetto faraonico ma da un insieme organizzato di tante iniziative di dimensioni circoscritte.
Intanto Salina veleggia nell’alto Tirreno con la prua puntata verso il nord della Francia. Durante il suo viaggio incontrerà istituzioni, associazioni, esponenti del mondo della cultura e tutti coloro che vorranno dare il loro contributo. Chiunque può seguire il suo tragitto attraverso un blog (vi si accede attraverso il sito www.fondazionedalmare.it). “Buon vento a tutti” dicono Alessandro e Gianni dal ponte di Salina. Glielo auguriamo, e ce lo auguriamo, anche noi.