Articolo apparso sul Quotidiano di Puglia dell’8 giugno.
Quando, subito dopo il fischio finale, la pioggia ha iniziato a cadere impietosa sulle nostre teste e i nostri vessilli rossoblù, io e i miei compagni di tifo non abbiamo potuto trattenere un amaro sorriso. “Potrebbe andar peggio: potrebbe piovere” diceva il gobbo Igor in Frankenstein Junior. Ecco, appunto.
Gli dei del calcio si sono divertiti parecchio, domenica scorsa al Flaminio. Noi anche, almeno fino al 90’.
Questa volta non era come le altre. Perché la sconfitta dell’andata aveva trasformato il retour match in una specie di missione impossibile. Un impegno da onorare più per questioni di orgoglio che per dare retta a quella piccola speranziella da tifosi che pure covava in fondo al cuore. Vaccinati per giunta da decenni di delusioni, se le cose fossero andate secondo logica (un 1-0 stentato, un pareggio, una sconfitta) certo non saremmo tornati a casa contenti, ma di sicuro ce ne saremmo fatti una ragione.
E invece gli dei del calcio, insieme a una squadra ormai libera da paure e condizionamenti, ci hanno regalato 89 minuti e qualche secondo di illusione, mentre le notizie da Benevento aprivano un clamoroso quanto insperato corridoio verso la B. Quanto bastava per rendere, dopo il gol di Padella e il fischio finale, la delusione insopportabile, cocente. In quel momento sono stati in molti a pensare che quel sortilegio che dura dal 1993 non si spezzerà mai. E, confuse con la pioggia, sono tornate le lacrime.
Ma questa volta non era come le altre anche per un motivo diverso. Questa non è stata una sconfitta di fine ciclo. Questa può essere una tappa di crescita di un progetto che è davvero iniziato solo pochi mesi fa. Dionigi si è saputo conquistare rapidamente i favori della piazza, a suon di gioco e risultati. La società ha avuto il buon senso di assecondarne le richieste: niente nomi roboanti, solo giocatori utili alla causa. Il Taranto del girone di ritorno ha mantenuto una media promozione pur senza avere individualità di spicco: i margini di miglioramento, con una campagna trasferimenti oculata, ci sono eccome. Basterebbe continuare su questa strada, senza cedere alla tentazione dell’ennesima, deleteria rifondazione, per trasformare in fretta lo smacco del Flaminio in un dolce ricordo. E per dimostrare, finalmente, che non può piovere per sempre.
Non può piovere per sempre
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